sabato 8 marzo 2025

L'uomo vive di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio

 

«Mio Padre era un Arameo errante… allora gridammo al Signore ed Egli ascoltò la nostra voce» (Dt. 26, 4-10)

«… se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.» (Rm 10,8-13)

«Gesù si allontanò … nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo» (Lc 4,1-13)

​Questa domenica, prima di Quaresima, siamo invitati anche noi ad entrare con Gesù nel deserto della prova “per essere tentati”, per scoprire cosa c’è nel nostro cuore, ma anche per “esercitarci”. Iniziando il nostro cammino di conversione, infatti, siamo chiamati a metterci alla prova, o meglio a lasciarci mettere alla prova, per imparare a scegliere sempre la Volontà di Dio.

«Mio Padre era un Arameo errante …» Iniziando questo cammino, è importante partire dalla consapevolezza della nostra identità e dalla memoria delle opere che il Signore ha compiuto per noi. Per questo la Parola di Dio di oggi si apre con la professione di fede che il popolo eletto è invitato a fare nella liturgia primaverile. Bisogna che riconosciamo la nostra profonda identità di “erranti accolti”. Uomini e donne sempre alla ricerca di un “di più” che solo il Signore ci può donare. Mi piace anche sottolineare che in italiano la parola “errante” è il participio presente del verbo "errare" che significa anche sbagliare. Errante è, quindi, colui che sbaglia, che intraprende un cammino sbagliato e non raggiunge la meta, che “manca il bersaglio”; quest’ultima accezione è il significato letterale della parola ebraica per "peccato".

Comprendendo questa nostra profonda identità di “erranti”, di peccatori e smarriti, comprenderemo anche la relazione fondamentale della nostra vita: il Signore ascolta la nostra voce e ci dona una terra, ci dona stabilità. 

«Non di solo pane vivrà l’uomo». Ecco il senso del donare le primizie (prima lettura). Ciò che mi soddisfa e mi dona stabilità, non è il mio pane, ciò che posso procurarmi con le mie mani, ma Dio. Quella dell’autonomia, dell’autarchia, del “self made man”, è la prima e la più antica delle tentazioni: «Non hai bisogno di nessuno, soddisfa da solo la tua fame, dì che queste pietre diventino pane …». Gesù risponde mettendo in chiaro la relazione vitale con il Padre e la dipendenza da Lui: ciò di cui l’uomo ha bisogno non può darselo da solo, ma deve riceverlo dal Padre. L’uomo, infatti, non ha bisogno solo del pane, ma della “Parola”, della relazione con il Padre!

«… se ti prostrerai in adorazione davanti a me …» La seconda tentazione presentata da Luca, riguarda proprio la relazione a cui affidiamo la nostra speranza di Vita. Ci viene proposta una relazione traviata, falsa fin dall’origine: si rende culto a “qualcosa/qualcuno” per ottenere il potere. Centro del mio amore, alla fine, è sempre il mio Io che pretende di avere potere su tutte le creature. È la tentazione della magia che poco ha a che fare con la fede. Facciamo attenzione a questa tentazione, perché subdolamente potrebbe nascondersi anche in un atteggiamento che appare religioso quando preghiamo novene, rosari e compiamo atti religiosi per “piegare” Dio a fare la nostra volontà. La preghiera che ci ha insegnato Gesù è tutt’altra: «Padre … sia fatta la tua volontà …» (Cfr. Mt 6,9-13). In quanto figli nel Figlio, è buono e giusto che presentiamo al Padre le nostre richieste, anche con novene e suppliche, purché ci ricordiamo sempre della preghiera di Gesù nel Getsemani: «Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36).

«… gettati giù …» L’ultima tentazione è quella del prodigioso, del mettere alla prova Dio: “Se mi ama …”. È la tentazione che sta alla base di ogni tentazione: «Se tu sei Figlio di Dio …». Non a caso questa formula ricorre in tutte e tre le tentazioni. Il pensiero sottostante è che Dio, per mostrarsi nostro Padre, deve fare ciò che noi decidiamo essere giusto; la stessa logica che ha il bambino capriccioso che pretende dal padre qualcosa che, almeno in quel momento, non è un vero bene per lui. Questa tentazione nasce dal dubbio: Dio è veramente capace di salvarmi? Veramente mi ama? Un dubbio profondo che nessun miracolo potrà veramente fugare: dopo un evento prodigioso se ne chiederà un altro ed un altro ancora. Il nocciolo del problema è ancora una volta la relazione: si compie l’errore di pensare di essere il centro della relazione. Il nostro Io si erge ancora a dio: sarò io allora a decidere ciò che è giusto che avvenga e come deve avvenire.

Non a caso l’evangelista Luca pone l’ultima tentazione a Gerusalemme: di questo «Se tu sei Figlio di Dio, gettati» si sentirà l’eco nel racconto della Passione la domenica delle palme: «Salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, l’eletto» (Lc 23,35). È la tentazione di fuggire dalla volontà di Dio, la tentazione di scendere dalla Croce, di “salvarsi la vita”. Sappiamo, però, che la Croce è una strada obbligata per giungere alla gloria della resurrezione, una strada sicura perché ci è stata aperta dal nostro Maestro e Signore.

Con Gesù impariamo resistere alla tentazione e a restare nella relazione vera col Padre. Buon inizio di quaresima.

Fr. Marco

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