«… rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.» (1Cor 15,54-58)
«Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda». (Lc 6,39-45)
Domenica scorsa la Parola di Dio ci invitava a fare attenzione a dove poniamo le nostre radici: siamo radicati in Dio o cerchiamo vita altrove? Questa domenica, VIII del tempo ordinario, il Signore, consapevole del pericolo che possiamo ingannarci, essere ciechi dinanzi la Verità, credere di essere radicati in Dio, ma in realtà porre altrove la nostra fiducia, ci aiuta a fare discernimento; siamo invitati a guardare i frutti che produciamo: l'albero buono produce frutti buoni; l'albero cattivo frutti cattivi.
Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto. Tra i frutti cattivi che escono dal nostro cuore quando affonda le sue radici lontano da Dio, c'è sicuramente il giudizio del fratello, l'incapacità di amarlo. Già domenica scorsa il Vangelo ci invitava ad amare gratuitamente e a non giudicare (Cf. Lc 6,27-38). Oggi ce ne mostra il motivo: «Può forse un cieco guidare un altro cieco?». Siamo ciechi, accecati dalla trave del nostro giudizio, e pretendiamo di correggere e guidare i fratelli!
A volte ci atteggiamo a maestri, guide spirituali, per essere apprezzati e guardati con stima. Ecco perché la Parola oggi ci chiama ipocriti, cioè “teatranti” (letteralmente: “maschere di teatro”): recitiamo una parte in cerca di applausi, ma non siamo veri, autentici.
«Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti» Oggi il Maestro ci invita a guardare prima di tutto alla “trave” che è nel nostro occhio, a fare attenzione a quali frutti escono dal nostro cuore quando siamo messi alla prova.
Gesù, l'unica vera nostra guida («Uno solo è il vostro maestro ...» Mt 23,8) ci chiede di entrare nella verità della nostra vita e farci suoi discepoli. A chi ci accosta, indichiamo Lui come guida. Sradichiamo dalla nostra vita il giudizio e la presunzione di farci guide dei nostri fratelli. Impariamo ad amare.
«Togli prima la trave dal tuo occhio …» Certo, la correzione fraterna fa parte dell’amore (Gesù stesso la insegna: Mt 18,15-17). Se mio fratello sbaglia ed io non lo correggo, me ne disinteresso, e lascio che si perda, non lo sto certo amando. Per correggere il fratello, però, dovrò prima avere permesso al Signore di togliere dal mio occhio la trave del “giudizio” e della condanna; solo allora ci vedrò bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del mio fratello. Riconosciamo umilmente la nostra cecità perché il Signore ci guarisca e noi possiamo essere riconosciuti Suoi discepoli capaci di indicare Lui a quanti ci accostano.
«La parola rivela i pensieri del cuore». Facendo attenzione alle nostre parole, allora, vigiliamo sui frutti che escono dal nostro cuore: «Del resto sono ben note le opere della carne: … inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. …. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;» (Cf Gal 5,19-23)
Fr. Marco