sabato 4 novembre 2023

Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli

 «Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su voi la maledizione.» (Ml 1,14- 2,2.8-10)

«Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio.» (1Ts 2,7-9.13)

«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. … Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente» (Mt 23,1-12)

​La Parola di Dio della XXXI domenica del Tempo Ordinario ci invita a quella vera umiltà che nasce dal riconoscere la grandezza del nostro Dio e dallo “stare al nostro posto”. Nelle biografie di San Francesco d’Assisi si racconta che, sin dagli inizi della sua conversione, capitava che il serafico padre passasse le notti in preghiera ripetendo: «Chi siete voi, mio dolcissimo Signore Iddio, e chi sono io, povero vermiciattolo, vostro servo?...» (Cfr. Bartolomeo di Pisa, Conformitates).

Anche noi oggi siamo invitati dal Signore a ricordarci che solo Lui è il Signore, Re grande, Maestro, Padre e Guida. Noi siamo tutti fratelli e discepoli. Consapevoli di ciò, siamo invitati a vivere di conseguenza e a non provare ad appropriarci della Sua gloria.

Oggi la Parola si rivolge in maniera particolare a quanti sono chiamati nella società e nella Chiesa a sedere in cattedra, a quanti sono chiamati al servizio dell’autorità: docenti, catechisti, politici; ma soprattutto ministri ordinati. Può capitare, infatti, che la vanagloria che abita l’uomo porti coloro i quali sono più in vista per il servizio che svolgono a cercare gloria per sé. È ciò che ha portato alla mentalità della “casta”, a sentirsi privilegiati per il ruolo che si svolge.

«Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo.» Dovremmo ricordare che Gesù non è venuto ad istituire una “casta sacerdotale”, ma con l’esempio ci ha insegnato il servizio fino al dono della vita. Il ministro ordinato è chiamato a servire la Chiesa e i fratelli, non a servirsi della Chiesa e dei fratelli per la propria gloria.

«Dicono e non fanno. … Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente.» La vanagloria e l’esercitare potere sulle persone a noi affidate, da sempre ha tentato l’uomo. Oggi forse più che mai, nella società dei social media, è forte la tentazione di cercare la gratificazione nell’ammirazione della gente, nell’apparenza. Può capitare persino che si strumentalizzi anche ciò che c’è di più sacro per apparire, per essere ammirati, per avere gloria. Ecco allora la ricerca di originalità nelle celebrazioni (che a volte si avvicina pericolosamente all’eterodossia); gli ammiccamenti al modo di pensare del “mondo”, perché “in fondo che male c'è”; La ricerca di pubblicità e visibilità per ogni cosa che si fa … Oggi il Maestro ci esorta alla coerenza, ad insegnare con la Vita, a preoccuparci di più di vivere il vitale rapporto con Lui che del legare la gente a noi. Ciò non toglie che le nostre opere devono essere visibili, ma devono esserlo per dare gloria al Padre che è nei cieli e non a noi (Cfr. Mt 5,13-16).

Accogliamo l’insegnamento del Vangelo e l’esempio di San Paolo e, riconoscendo in Gesù l’unico Maestro e Signore, come discepoli serviamo i fratelli facendoci per essi modelli di sequela capaci di indicare a quanti il Signore ci ha messo accanto la Via, la Verità e la Vita.

Fr. Marco

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