venerdì 17 novembre 2023

A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza

 «Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare.» (Pr 31,10-13.19-20.30-31)

«Voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.» (1Ts 5,1-6)

«Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti» (Mt 25,14-30)

La Parola di Dio di questa ultima domenica del tempo ordinario (domenica prossima celebreremo la solennità di Cristo Re con il quale si conclude l’anno liturgico), ci presenta ancora le “cose ultime” ribadendo la necessità di non farci trovare impreparati. La pagina di Vangelo, infatti, è tratta ancora dal discorso escatologico: Gesù sta rispondendo alla domanda che i discepoli gli hanno posto (in Mt 24,3) riguardo al “quando” della venuta del Figlio dell’uomo. Come nella precedente (le vergini sagge e quelle stolte), anche in questa  parabola il Maestro sottolinea che non ci è dato di sapere il “quando”, ma è fondamentale usare bene il tempo presente.

La particolare sottolineatura della Parabola dei talenti è l’invito all’intraprendenza mossa dall’amore: ciò che il Signore ci chiede è “l’obbedienza creativa” dei figli che, per amore del Padre, non si risparmiano e fanno ciò che sanno può fargli piacere senza bisogno che glielo si chieda. Questo è il “timor di Dio” di cui si parla nella prima lettura: il desiderio di compiacere il nostro Padre e il timore di contristarlo. Cosa, in effetti, può dispiacere di più un padre che vedere i figli che sprecano la loro vita?

«Consegnò loro i suoi beni» Per comprendere meglio ciò che il Signore ci vuole dire, può servire conoscere che il talento non è una moneta, ma un peso: un valore simbolico per una grande quantità. Un talento valeva qualcosa più di 34 chili di argento: approssimativamente 30 anni di lavoro di un operaio! Il Padrone della Parabola mostra, quindi, di riporre una grande fiducia nei suoi servi: affida loro i suoi beni perché li amministrino creativamente, perché li facciano fruttare, per poi introdurli “nella Sua gioia”. Così il Padre si comporta con ciascuno di noi: ci consegna la vita, la nostra storia, il nostro tempo, le occasioni della vita … perché noi facciamo della nostra vita un capolavoro!

«Secondo le capacità di ciascuno» Un’altra cosa su cui vorrei fermare l’attenzione, è la differenza nei beni consegnati ai servi e di conseguenza la differenza nel rendimento consegnato al Padrone: ciò che conta non è la quantità del risultato, ma l’atteggiamento di fiduciosa intraprendenza che i servi hanno dimostrato, il fatto che i talenti siano stati trafficati. L’ultimo servo, quindi, viene rimproverato e punito non per la scarsezza del risultato, ma per l’immagine distorta e ingiusta che si è costruito del suo Padrone; per essersi fatto bloccare dalla paura. Mentre i suoi compagni, vistisi trattare come figli, si comportano da tali e si prendono cura di ciò che il Padrone ha affidato loro, il “servo pigro” si trincera dietro una “rigida” giustizia («Ecco ciò che è tuo»), che poco ha a che fare con l’amore, e finisce per comportarsi ingiustamente nei confronti del suo Padrone attribuendogli un’immagine distorta. La sua eccessiva e “vigliacca” paura lo paralizza e fa sì che i beni affidatigli non fruttifichino: la sua vita è stata sprecata. Il Padrone, quindi, non fa che prenderne atto e dare seguito a ciò che lui ha già determinato: lo tratta a partire dall’immagine che il servo si era costruito di lui e rende palese lo spreco della sua vita.

Nella seconda lettura S. Paolo ci ammonisce: noi non siamo nelle tenebre, ma sappiamo Chi è il Nostro Signore e ciò che chiede a ciascuno di noi. Non lasciamoci, dunque sorprendere, ma facciamo tesoro del tempo presente e, mettendo al bando la paura, agiamo con una intraprendenza fiduciosa nell’amore del Padre. Ricordiamo: chi vuol salvare la vita, la perde!

Fr. Marco

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