sabato 7 maggio 2022

Le mie pecore non andranno perdute in eterno

 «Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. ...» (At 13,14.43-52)

«… Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7, 9.14b-17).

«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna … » (Gv 10, 27-30).

​La quarta domenica di pasqua, detta domenica del Buon Pastore, nel Vangelo ci presenta Gesù come il Pastore che conosce e ama le sue pecore e dà loro la vita eterna. Nei versetti precedenti a quelli proclamati nella liturgia odierna (Gv 10 12-13) Gesù fa una chiara distinzione tra se stesso, il Pastore che è dà la vita per le sue pecore, e i mercenari che vogliono solo trarre un profitto per loro stessi e scappano appena vedono arrivare il lupo.

«Io le conosco».  Trovo consolante questa affermazione: il Signore della vita ci conosce, singolarmente, uno per uno, e ci ama. Ci garantisce la vita eterna: la nostra vita non sarà perduta. Tutto ciò, però, a condizione di essere Sue pecore, cioè di riconoscere la Sua voce e seguire il nostro Pastore.

«Le mie pecore ascoltano la mia voce» Ciò che ci identifica come appartenenti a Lui, infatti, è l’ascolto della Sua Voce, della Sua Parola, e il fatto di seguirlo. Quanti appartengono a Gesù, seguono Lui e obbediscono alla Sua Parola vivendo nella logica del Vangelo e da Lui ottengono Vita. Quanti seguono i “falsi pastori”, i “mercenari”, e vivono nella logica del mondo alla ricerca del potere, dell’avere, del piacere, non appartengono a Gesù e non hanno in sé la Vita.

«Io do loro la vita eterna» Credo sia il caso di soffermarci brevemente a riflettere sulla vita eterna che il Signore quest’oggi ci promette usando il tempo presente. La vita eterna non è quella “futura”, che segue questa vita terrena; non è un’utopia che ci fa “stringere i denti” nelle tribolazioni del mondo in vista di una felicità futura di cui non abbiamo altra certezza che la Fede. Una vita eterna che fosse solo questo, può a ragione essere definita “oppio dei popoli”. La vita eterna comincia qui: comincia con il nostro battesimo, nel momento in cui veniamo innestati in Cristo, nella Sua morte e resurrezione. Qui, in questa vita terrena cominciamo a sperimentare la Vita eterna come una vita piena di senso. Una vita che non è “perduta”, cioè che non è sprecata. L’unico modo per sperimentare questa vita, però, è seguire il nostro Pastore sulla via della donazione d’amore. Perché la nostra vita non sia perduta, sprecata, siamo chiamati a spenderla bene! Il modo per non sprecare la vita è donarla per amore. Solo allora sperimenteremo quella pienezza di senso che nessun altro potrà darci, sperimenteremo che stiamo vivendo veramente. «Meglio aggiungere vita ai giorni che giorni alla vita» è un aforisma che ci invita a vivere veramente. Nella vita, infatti, non è importante il numero di attimi o anni che si susseguono, ma l’intensità con la quale questi attimi sono vissuti.

«… esse mi seguono» La via percorsa da Gesù, lo sappiamo, passa dalla croce, dalla donazione della vita per amore. Seguendo il nostro Maestro e Pastore, anche noi passeremo per le tribolazioni, ma esse non saranno subite passivamente, stringendo i denti, ma accolte e valorizzate come occasioni per fare della nostra vita una donazione d’amore. Al versetto 18 del capitolo 10 di Giovanni, lo stesso da cui è tratta la pericope odierna, Gesù chiarisce: «Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso» (cfr. Gv 10,18). Il nostro Maestro non subisce gli eventi e l’ingiustizia che scatenano contro di Lui, ma li assume, li vive pienamente, e li trasforma in occasione per donare la vita.

Certamente, in tutto ciò non può mancare il volgere lo sguardo “in alto”, alle cose di lassù dove Cristo è assiso alla destra del Padre (cfr Col 3,1): è necessario sapere che la nostra vita è destinata ad un’ulteriorità che ci permette di dare il giusto valore alle tribolazioni presenti.

Oggi la Chiesa intera prega per le vocazioni di speciale consacrazione. Permettetemi di concludere con l’appello ad ascoltare la voce del Buon Pastore: accogliamo il suo progetto d’amore per ciascuno di noi e la nostra vita non andrà perduta, ma andrà di pienezza in pienezza per l’eternità.

Fr. Marco

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