mercoledì 30 settembre 2020

Triduo di S. Francesco d'Assisi. Primo Giorno: Povertà e Fraternità

«Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. … Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!» (Lc 10,1-12)

In questo triduo in preparazione alla solennità di S. Francesco d’Assisi, lasciandoci guidare dalla Parola di Dio, focalizzeremo alcuni tratti fondamentali della spiritualità Francescana. Voglio innanzitutto chiarire che guarderemo a Francesco come al cristiano realizzato, modello per tutti noi. La Chiesa, infatti, “canonizza” i santi non tanto perché noi ci rivolgiamo a loro nelle preghiere e li “ammiriamo da lontano”; li canonizza perché ce li presenta come “canone”, misura del Cristiano. I Santi ci sono dati perché impariamo da loro la sequela di Cristo.

I tratti della spiritualità francescana che oggi focalizzeremo sono la fraternità e la povertà. Sono i tratti che il Maestro chiede ai discepoli mandati in missione: li manda a due a due perché possano essere riconosciuti discepoli di Cristo dall’Amore che hanno l’uno per l’altro (cfr. Gv 13,35); chiede loro di non portare nulla lungo il viaggio perché prendano consapevolezza della loro costitutiva povertà che null’altro può colmare al di fuori della comunione col Signore. Come vedremo, infatti, la Povertà per s. Francesco non è il fine, ma il mezzo per vivere l’autentica relazione con Dio e con i fratelli.

La legenda dei tre compagni ci racconta che, all’inizio della sua esperienza di sequela, dopo avere restituito al padre Pietro da Bernardone tutto ciò che aveva ed avere intrapreso la vita da “penitente” tra le braccia del “Padre Nostro che è nei cieli”, Francesco durante una Messa ascolta proprio il Vangelo che oggi abbiamo ascoltato noi. Dopo la Messa, desideroso di compiere la Volontà di Dio, Francesco chiede al sacerdote di spiegargli il vangelo e pieno di gioia esclama: «Questo bramo di fare con tutte le mie forze!» (FF 1427).

Ecco il primo motivo per cui sceglie la Povertà: per vivere alla lettera al Vangelo, per obbedire e imitare Cristo. Più avanti il Signore gli darà dei fratelli e Francesco scoprirà che la povertà è anche funzionale alla fraternità. Nella regola ordina ai Frati: «E ovunque sono e si troveranno i frati, si mostrino familiari tra loro. E ciascuno manifesti con fiducia all’altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, con quanto più affetto uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?» (FF 91). Fine conoscitore dell’animo umano, Francesco sa che il possedere le cose facilmente ci porta a farci possedere da esse, a porre in esse le nostre speranze di vita e le nostre sicurezze facendone degli idoli. Posseduti dalle cose, inoltre, non saremo più capaci di riconoscere in chi ci sta accanto un fratello: vedremo un nemico, un potenziale ladro delle cose cui abbiamo attaccato il cuore, da cui ci aspettiamo vita. Forti della nostra “ricchezza”, infine, ci sentiremo autosufficienti: penseremo di non avere più bisogno né di Dio né dei fratelli. Ecco perché il serafico Padre sceglie per sè e prescrive ai fratelli la via della povertà evangelica. Essa è innanzitutto povertà interiore, consapevolezza di essere bisognosi di Cristo e dei fratelli. Evidentemente, se autentica, questa povertà interiore si manifesterà in concrete scelte esteriori. Poveri e bisognosi, inoltre, i frati saranno spinti a vincere il proprio orgoglio e le proprie resistenze e ad affidarsi gli uni agli altri.

Per Francesco la Povertà non è il fine, ma il mezzo. Al di sopra di tutto, fine supremo, è l’Amore per Cristo, senza la comunione col quale nulla può saziarci, e l’amore tra i fratelli. Innamorato di Cristo e guidato dal Vangelo, Francesco si sente chiamato ad annunciare profeticamente il Regno dei Cieli presente in mezzo a noi ogniqualvolta, accogliendo la Signoria di Cristo, ci affidiamo con la nostra miseria al Padre e prendiamo consapevolezza di essere fratelli tra noi e con tutte le creature. Penso che sia da sottolineare che il Francesco usa rarissimamente nei suoi scritti il termine fraternità, ma moltissime volte il temine fratello. Non esiste, infatti, la “fraternità” astratta, ma i concreti fratelli e sorelle che abbiamo accanto. A loro dobbiamo mostrarci fratelli amandoli di quell’amore gratuito e misericordioso non motivato da altro che dal fatto che, riconoscendo e accogliendo l’amore del Padre, conformati al Figlio, sappiamo di essere loro fratelli. Il Signore ce lo conceda.

fr. Marco

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