venerdì 19 giugno 2020

In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi

«Tu sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra. Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli –, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri» (Dt 7,6-11)

«In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.» (1Gv 4,7-16)

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.» (Mt 11, 25-30)

La Parola di Dio della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù ci fa contemplare il gratuito e fedele amore di Dio per noi.
La prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio, infatti, afferma che Dio ama il suo popolo gratuitamente ed in maniera fedele. Il popolo non ha alcuna caratteristica per la quale possa meritare l’amore di Dio: « Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli …, ma perché il Signore vi ama. L’unico “merito” del Popolo è l’essere amato da Dio. Può capitare anche a noi di pensare di meritare l’amore di Dio. Credo che l’invito di questa solennità a compiere “atti di riparazione al Cuore di Gesù”, ci aiuti a capire che, come ci ricorda san Francesco, di nostro abbiamo solo il peccato: «E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la propria natura, servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. Di che cosa puoi dunque gloriarti?» (FF 154; Amm. V) e ancora continua il Serafico Padre: «in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità  e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo.» (Ibid.).
È l’invito che ci fa oggi il Vangelo: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore». Gesù ci esorta ad andare a Lui e ad imitarlo in una virtù fondamentale: l’umiltà senza la quale non può esistere la vera Carità, il vero amore di Dio e del prossimo.
Senza umiltà, infatti, non vi può essere alcun’altra virtù in un’anima. Il mondo cerca l’apparenza, i gesti eclatanti; Dio, al contrario ama e sceglie per sé la via dell’umiltà. Anche Padre Pio, discepolo di Cristo sulle orme di Francesco, ama e vive l’umiltà.
Il primo tratto distintivo dell’umiltà di cuore, è avere una giusta conoscenza di sé e saper apprezzare gli altri. Il superbo, al contrario, non ha una giusta conoscenza di sé e non è capace di stimare gli altri: o si stima superiore agli altri, o non riconosce ciò che il Signore ha operato nella sua vita perché pretende di essere più grande di quello che è. È questa giusta conoscenza di sé che Padre Pio raccomanda ai suoi figli spirituali: «Non ti meraviglierai affatto delle tue debolezze ed imperfezioni ma riconoscendoti per quello che tu sei, ti arrossirai della tua incostanza ed infedeltà a Dio, ed in Lui proponendo e confidando, ti abbandonerai tranquillamente sulle braccia del celeste Padre come un tenero bambino su quelle materne» (Epist. IV, 257). Ed ancora: «Tenetevi sempre sull’ultimo luogo tra gli amanti del Signore, stimando tutti migliori di voi; rivestitevi di umiltà verso gli altri, poiché Dio resiste ai superbi e da la grazia agli umili.» (Epist. III, 50)
Questa conoscenza di sé e delle proprie debolezze, però non è compiacenza o rassegnazione, ma pazienza con i propri limiti nel continuo impegno, con l’aiuto di Dio, per migliorarsi. È ancora a questo che Padre Pio ci esorta: «Conviene sopportare pazientemente la nostra imperfezione per potere arrivare alla perfezione; dico sopportarla con pazienza e non già di amarla e accarezzarla; l’umiltà si nutre in questa sofferenza.» (Epist. IV, 365)
Contemplando quest’oggi l’amore gratuito e fedele di Dio per noi, prendiamo umilmente atto delle tante nostre in corrispondenze a questo amore e umilmente chiediamogli Perdono e la Grazia di amarLo imitando la Sua mitezza e umiltà e portando ogni giorno su di noi il Suo giogo – la Croce abbracciata per amore – rinnegando noi stessi per dare a Lui il primo posto nella nostra vita.
Fr. Marco

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