«Tu sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio,
ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono
sulla terra. Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più
numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i
popoli –, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il
giuramento fatto ai vostri padri» (Dt 7,6-11)
«In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.» (1Gv 4,7-16)
«In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.» (1Gv 4,7-16)
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò
ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e
umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.» (Mt 11, 25-30)
La Parola di Dio della solennità
del Sacratissimo Cuore di Gesù ci fa contemplare il gratuito e fedele amore di
Dio per noi.
La prima lettura, tratta dal
libro del Deuteronomio, infatti, afferma che Dio ama il suo popolo
gratuitamente ed in maniera fedele. Il popolo non ha alcuna caratteristica per
la quale possa meritare l’amore di Dio: «
Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di
tutti gli altri popoli …, ma perché il Signore vi ama. L’unico “merito” del
Popolo è l’essere amato da Dio. Può capitare anche a noi di pensare di meritare
l’amore di Dio. Credo che l’invito di questa solennità a compiere “atti di
riparazione al Cuore di Gesù”, ci aiuti a capire che, come ci ricorda san
Francesco, di nostro abbiamo solo il peccato: «E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la
propria natura, servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te.
E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e
ancora lo crocifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. Di che cosa puoi
dunque gloriarti?» (FF 154; Amm. V) e ancora continua il Serafico Padre: «in questo possiamo gloriarci, nelle nostre
infermità e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del
Signore nostro Gesù Cristo.» (Ibid.).
È l’invito che ci fa oggi il
Vangelo: «Prendete il mio giogo sopra di
voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore». Gesù ci esorta ad
andare a Lui e ad imitarlo in una virtù fondamentale: l’umiltà senza la quale
non può esistere la vera Carità, il vero amore di Dio e del prossimo.
Senza umiltà, infatti, non vi può essere alcun’altra virtù in un’anima. Il mondo cerca l’apparenza, i gesti eclatanti; Dio, al contrario ama e sceglie per sé la via dell’umiltà. Anche Padre Pio, discepolo di Cristo sulle orme di Francesco, ama e vive l’umiltà.
Senza umiltà, infatti, non vi può essere alcun’altra virtù in un’anima. Il mondo cerca l’apparenza, i gesti eclatanti; Dio, al contrario ama e sceglie per sé la via dell’umiltà. Anche Padre Pio, discepolo di Cristo sulle orme di Francesco, ama e vive l’umiltà.
Il primo tratto distintivo
dell’umiltà di cuore, è avere una giusta conoscenza di sé e saper apprezzare
gli altri. Il superbo, al contrario, non ha una giusta conoscenza di sé e non è
capace di stimare gli altri: o si stima superiore agli altri, o non riconosce
ciò che il Signore ha operato nella sua vita perché pretende di essere più
grande di quello che è. È questa giusta conoscenza di sé che Padre Pio
raccomanda ai suoi figli spirituali: «Non
ti meraviglierai affatto delle tue debolezze ed imperfezioni ma
riconoscendoti per quello che tu sei, ti arrossirai della tua incostanza ed
infedeltà a Dio, ed in Lui proponendo e confidando, ti abbandonerai
tranquillamente sulle braccia del celeste Padre come un tenero bambino su
quelle materne» (Epist. IV, 257). Ed ancora: «Tenetevi sempre sull’ultimo luogo tra gli amanti del Signore, stimando
tutti migliori di voi; rivestitevi di umiltà verso gli altri, poiché Dio
resiste ai superbi e da la grazia agli umili.» (Epist. III, 50)
Questa conoscenza di sé e delle proprie debolezze, però non è compiacenza o rassegnazione, ma pazienza con i propri limiti nel continuo impegno, con l’aiuto di Dio, per migliorarsi. È ancora a questo che Padre Pio ci esorta: «Conviene sopportare pazientemente la nostra imperfezione per potere arrivare alla perfezione; dico sopportarla con pazienza e non già di amarla e accarezzarla; l’umiltà si nutre in questa sofferenza.» (Epist. IV, 365)
Contemplando quest’oggi
l’amore gratuito e fedele di Dio per noi, prendiamo umilmente atto delle tante
nostre in corrispondenze a questo amore e umilmente chiediamogli Perdono e la
Grazia di amarLo imitando la Sua mitezza e umiltà e portando ogni giorno su di
noi il Suo giogo – la Croce abbracciata per amore – rinnegando noi stessi per
dare a Lui il primo posto nella nostra vita.Questa conoscenza di sé e delle proprie debolezze, però non è compiacenza o rassegnazione, ma pazienza con i propri limiti nel continuo impegno, con l’aiuto di Dio, per migliorarsi. È ancora a questo che Padre Pio ci esorta: «Conviene sopportare pazientemente la nostra imperfezione per potere arrivare alla perfezione; dico sopportarla con pazienza e non già di amarla e accarezzarla; l’umiltà si nutre in questa sofferenza.» (Epist. IV, 365)
Fr. Marco
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