sabato 23 febbraio 2019

Sarete figli dell’Altissimo


«Abisài disse a Davide: “Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo”. Ma Davide disse ad Abisài: “Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?”». (1 Sam 26,2.7-9.12-13.22-23)

«Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.» (1Cor 15, 45-49)

«Ma a voi che ascoltate, io dico … Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.» (Lc 6, 27-38)

Domenica scorsa la Parola ci esortava a porre solo in Dio il nostro fondamento, la nostra fiducia, e dichiarava: «maledetto l’uomo che confida nell’uomo» e «guai a voi, ricchi». Questa domenica, VII del tempo ordinario, la Parola approfondisce ancora di più cosa significhi essere poveri e confidare nel Signore e cosa invece essere ricchi e confidare nell’uomo (soprattutto in se stessi).
Ma a voi che ascoltate, io dico... La pericope evangelica di oggi, infatti, nel Vangelo di Luca si apre con una congiunzione avversativa che rende esplicito il collegamento con quanto precede e l’invito a prendere le distanze dall’atteggiamento prima descritto: ricchezza e fiducia nelle proprie forze e nell’approvazione degli uomini. Noi che ascoltiamo la Parola, siamo invitati a vivere in un atteggiamento diverso.
Già nella prima lettura di oggi, vediamo Davide che rinuncia a farsi giustizia con le proprie mani: Saul, che lo cerca per ucciderlo, si trova esposto e vulnerabile. Abisai, pensando come direbbe s. Paolo, come l’uomo terreno, gli consiglia di approfittare della debolezza del suo nemico e ucciderlo. Ma Davide pone la sua fiducia nel Signore, non nelle proprie forze e sa che, nonostante tutto, Saul è consacrato al Signore, appartiene a Lui. Solo al Signore spetta rendere a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà.
Anche il Vangelo di oggi, quindi, ci invita a perdonare, a fare del bene anche a chi ci fa del male, a pregare per i nostri nemici … vette altissime della vita del cristiano. Talmente alte che da qualcuno sono considerate irraggiungibili. Eppure solo comportandoci così saremo considerati figli dell’Altissimo, che è benevolo verso gli ingrati e i malvagi,  e potremo renderci conto se siamo passati dalla morte alla Vita. Lo dice chiaramente l’Apostolo Giovanni nella sua prima lettera: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte.» (1Gv 3,14). Rinunciamo a farci giustizia da soli. Come il Padre Misericordioso, diamo tempo ai fratelli per pentirsi. Ricordandoci, inoltre, che ogni giorno preghiamo il Padre di rimettere a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, facciamo attenzione ad essere “di larga manica” perché la misericordia nei nostri confronti possa essere altrettanto abbondante. Faccio notare, ancora, che questa è l’unica petizione del Padre Nostro che Gesù riprende e commenta: «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.» (Mt 6,14-15)
Riconoscendo la nostra povertà e piccolezza, allora, non presumiamo di conoscere tutta la verità e lasciamo a Dio il giudizio. Verrà il momento in cui ciascuno sperimenterà i frutti delle proprie scelte: la “morte” il non senso eterno, l’eterna mancanza della “Vita”, della pienezza, del senso; o la “Vita eterna”, la gioia piena, la felicità che non passa. Tutte cose che sperimentiamo già qui nella misura in cui viviamo in Dio o senza di Lui.
Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla. Torna l’appello alla povertà, a non confidare nella carne, a non fare del bene per ottenere un contraccambio, a non sperare nulla dal bene che facciamo. Se amiamo quelli che ci amano (se poniamo come condizione al nostro amore il fatto di essere a nostra volta amati), e facciamo del bene per ricevere altrettanto, stiamo ponendo la nostra fiducia sulle nostre forze, stiamo cercando una “ricchezza” su cui confidare e ricadiamo nella maledizione dell’uomo che confida nell’uomo. Ciò vale nei confronti degli “uomini” che siamo chiamati ad amare “gratuitamente”, anche se a nostro parere non se lo meritano; ma vale anche nei confronti di Dio che siamo chiamati ad amare per se stesso, da figli e non da “mercenari” che fanno qualcosa per ottenere una ricompensa.
Le mete che oggi ci pone il Vangelo sono altissime, ma imprescindibili per chi vuole seguire il Maestro sulla via della vita. Benché altissime, inoltre, sono mete “alla nostra portata”. Come ci ricorda S. Paolo nella seconda lettura, infatti, con il Battesimo siamo stati conformati all’Uomo Celeste, al nostro Signore Gesù Cristo, abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, lasciamolo operare nella nostra vita.
Fr. Marco

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