venerdì 12 febbraio 2021

«Se vuoi, puoi purificarmi!»


«Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento» (Lv 13,1-2.45-46)

« … così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.» (1Cor 10,31-11,1)

«Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.» (Mc 1,40-45)

​La Parola di Dio della sesta domenica del tempo ordinario, raccontandoci la guarigione di un lebbroso, ci presenta ancora Gesù come il compimento delle attese messianiche. Guarire la lebbra, infatti, era uno dei segni per riconoscere il Messia («I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella» Mt 11,5).

La prima lettura, tratta dal libro del Levitico, ci presenta tutta la carica simbolica della lebbra: non è una malattia come le altre, ma è considerata una “piaga mandata da Dio” a causa dei peccati e, per questo, è una malattia che esclude dalla comunione col popolo di Dio. La lebbra è considerata l’immagine dell’effetto del peccato: la morte in una parvenza di vita. Proprio perché così strettamente legata al peccato, solo Dio può guarire dalla lebbra e solo i sacerdoti possono attestare l’avvenuta guarigione. Il lebbroso, inoltre, era obbligato a gridare “impuro, impuro!” e ogni pio israelita si guardava bene dall’avvicinarsi ad uno di essi dato che avere qualsiasi contatto con un lebbroso era causa di impurità.

Nel Vangelo di oggi, tuttavia sia il lebbroso che Gesù contravvengono a questa norma rituale: il lebbroso, testimoniando una grande fede, si inginocchia davanti a Gesù riconoscendolo come il Signore che, se vuole, può purificarlo. Gesù, senza fare alcun conto della propria incolumità o del fatto che sarebbe diventato ritualmente “impuro”, osa toccare il lebbroso. Anche in questo comportamento il Vangelo di oggi ci svela chi è Gesù: è il Messia atteso, ma è soprattutto il Signore misericordioso che “non è venuto per i sani, ma per i malati”; è il Signore che si muove a compassione per le miserie dell’umanità.

Gesù ci è mostrato, inoltre,   come il “Servo di YHWH” che si è «caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori» (Is 53, 4). Dopo la guarigione del lebbroso, infatti, la situazione iniziale appare rovesciata: inizialmente Gesù è il maestro che va nei villaggi e insegna, mentre il lebbroso è escluso dal consesso umano e costretto a tenersi lontano dai villaggi. Alla fine della pericope, invece, il lebbroso guarito va in giro annunziando la gloria di Dio, mentre Gesù è costretto a restare fuori dai villaggi e in luoghi deserti.

«Se vuoi, puoi purificarmi!» Facendo nostra la preghiera del lebbroso del Vangelo, impariamo da lui a riconoscerci anche noi bisognosi di purificazione e a riporre la nostra fiducia nel Signore che può e vuole purificarci, liberarci dal nostro peccato. Impariamo dal Signore, come ci invita a fare S. Paolo nella seconda lettura, a mettere da parte, se necessario il nostro interesse, per andare incontro al fratello bisognoso. Credo che soprattutto oggi, in questo contesto di pandemia, sia concreto il pericolo di scivolare oltre la legittima e doverosa prudenza, in una paura che ci fa allontanare dall’altro. Spinti dalla paura che ci fa preoccupare solo di noi, permettiamo al nostro peccato di chiudere il nostro cuore nell’aridità del deserto.

S. Francesco, l’alter Christus, nostro serafico padre, seppe davvero seguire le orme del Maestro nell’atteggiamento di misericordia verso le miserie umane e soprattutto verso i lebbrosi. È noto, dalle biografie il “bacio al lebbroso”. Nel suo Testamento lo stesso Francesco ci spiega cosa lo ha mosso: « … quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia». Parafrasando S. Paolo nella seconda lettura di oggi, oso dire: facciamoci imitatori di S. Francesco come lui lo fu di Cristo. Così facendo, anche noi, lebbrosi guariti e peccatori purificati, diventeremo annunziatori e testimoni della gloria di Dio e contribuiremo alla venuta del Regno.

 Fr. Marco

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