venerdì 18 luglio 2025

Di una cosa sola c’è bisogno

 «… Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo.» (Gn 18,1-10)

«Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.» (Col 1,24-28)

«In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.» (Lc 10,38-42)

Domenica scorsa Gesù ci esortava a farci prossimi del fratello nel bisogno a imitazione Sua che si fa prossimo ad ogni uomo. Questa domenica, XVI del Tempo Ordinario, il Maestro ci chiede di farci “suoi prossimi”: di accoglierlo nella nostra vita.

Nella prima lettura, tratta dal libro della Genesi, Abramo è sollecito nell’ospitare nella sua tenda i tre misteriosi personaggi che capitano nel suo accampamento nell’ora più calda del giorno. Mette in gioco il suo tempo, le sue energie e i suoi averi. L’ospitalità è “feconda”: questi tre personaggi annunciano ad Abramo la nascita del “figlio della promessa”.

«… una donna, di nome Marta, lo ospitò». La pagina evangelica ci presenta Gesù che, lungo il cammino verso Gerusalemme, viene ospitato da Marta. La tradizione presenta Marta e Maria come due icone antitetiche, l’azione e la contemplazione, delle quali la parte migliore, da preferire, sarebbe la contemplazione. Ritengo vada sottolineato, tuttavia, che l’evangelista afferma chiaramente che è Marta ad ospitare Gesù. È lei che ha l’iniziativa. Anche lei, però, incorre nell’errore che i contemporanei di Gesù commettevano nel loro rapporto con Dio: comincia a “fare tante cose” per Gesù, mettendo in secondo piano il rapporto con Lui. Maria, invece, si fa totale ricettività: ai piedi del Signore, in atteggiamento da discepola, ascolta la Sua parola.

«Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?». Marta, che inizialmente è presentata come icona positiva di accoglienza e ospitalità, cade nell’errore di permettere che “le cose da fare” offuschino lo stare con Gesù; a lungo andare comincia ad accampare “pretese” e a far valere diritti. Dimentica la sola cosa veramente necessaria: il rapporto con Gesù. Tutto il resto ha valore ed è importante a partire da questo rapporto. Mettere Gesù e l’ascolto della Sua parola al centro della nostra vita, come fa Maria, è fondamentale. Se non vuole rimanere sterile, però, l’ascolto deve diventare obbedienza fattiva.

Le figure esemplari di Marta e Maria, dunque, non devono essere separate o peggio contrapposte, ma unite in un unico modello che a partire dall’accoglienza di Gesù, dall’ascolto della Sua volontà, si metta in movimento per realizzare ciò che Lui vuole.

Anche S. Paolo nella seconda lettura si pone su questa linea. Parlando delle sue fatiche apostoliche che tante sofferenze gli hanno procurato e che non sempre hanno trovato immediata e facile accoglienza, si mostra consapevole dell’importanza di compiere la volontà di Dio anche quando non vede i frutti delle sue fatiche, anche quando le cose non vanno come si aspetterebbe. Mettendo al centro della sua vita Gesù, gli importa solo di compiere la Sua volontà. È in quest’ottica che anche noi, nelle nostre sofferenze, nelle nostre malattie, nelle nostre incapacità che ci fanno sperimentare i nostri limiti, possiamo ancora accogliere Gesù e compiere la Sua volontà.

Accogliere Gesù, naturalmente, significa anche accoglierci reciprocamente, accogliere il fratello nel bisogno. Oggi si parla tanto di accoglienza; è forte, però il pericolo di limitarsi alle parole o, peggio, di praticare un'accoglienza interessata che, sotto l'apparenza di accoglienza diventa sfruttamento. Spessissimo, poi, ci si dimentica del "prossimo più prossimo", che diventa invisibile e che può morire non visto dinanzi al nostro portone. Torniamo ad accoglierci autenticamente, a metterci al servizio gli uni degli altri con il cuore.

Prima di concludere, infine, vorrei sottolineare una particolare ricaduta nel quotidiano di questa Parola. Nella frenesia delle nostre giornate può capitare anche nella nostra vita familiare di trascurare “la cosa più importante”, di perdere “la parte migliore”. Penso in particolare al rapporto genitori – figli: mi capita di vedere o sentire genitori che cadono nell’errore di “fare tante cose per i figli" (tante ore di lavoro, magari anche un secondo lavoro), ma di trascurare il rapporto con loro. Scegliamo la parte migliore (letteralmente “la parte buona”): la relazione con loro.

Accogliamo la Parola di Dio nella nostra Vita, mettiamo Lui e la Sua volontà al centro del nostro essere e del nostro agire. Lasciamo che sia Lui a dirci cosa fare e come farlo: vedremo meraviglie nella nostra vita.

Fr. Marco

Nessun commento:

Posta un commento