«Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura.» (Gal 6,14-18)
«La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.» (Lc 10,1-12.17-20)
La pagina evangelica di questa domenica, XIV del Tempo Ordinario, ci ricorda la chiamata missionaria di tutta la Chiesa: tutti, ciascuno con la sua particolare vocazione, in quanto battezzati, conformati a Cristo Re, Sacerdote e Profeta, siamo inviati al mondo per annunziare il Regno dei Cieli.
La prima cosa che vorrei sottolineare è il preciso comando di Gesù: «Pregate il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». Il Signore chiama continuamente operai per il Regno, ma ci chiede di pregare perché essi trovino il coraggio e la libertà per rispondere alla Sua chiamata. Nel ricordarci la comune vocazione missionaria, il brano evangelico di oggi ci presenta anche le caratteristiche che il Maestro chiede ai missionari.
Li inviò a due a due davanti a sé. In Gv 13,35 Gesù afferma: «Da questo vi riconosceranno, se avrete amore gli uni per gli altri». Non bastano, quindi, abiti religiosi, crocifissi o rosari ostentati: il “distintivo” del cristiano, ciò che lo accredita come discepolo di Cristo è la disponibilità a dare la vita per amore del fratello. Per questo motivo i discepoli sono inviati a due a due: per dare la vita l’uno per l’altro, per testimoniare al mondo che non si vive veramente se si è centrati solo su se stessi.
«Vi mando come agnelli in mezzo a lupi». La logica del mondo, in cui sembra regnare “la legge del più forte”, con la sua aggressività e “rapacità” ha giustificato l’espressione latina: homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo). I discepoli, però, chiamati ad annunciare il Vangelo, non possono conformarsi a questa logica. Nell’ottica della vita donata per amore di Cristo e del fratello, il cristiano è chiamato alla mitezza, a non opporsi al malvagio (Mt 5,39), a rispondere al male con il bene (Rm 12,21).
«Non portate borsa, né sacca, né sandali». Ciò su cui il Maestro ci invita a fondare la nostra certezza, anche la riuscita della nostra attività missionaria, non sono i mezzi materiali di cui disponiamo, ma la Fede in Lui, l’obbedienza alla Parola. È per questo che S. Paolo può dire: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo». Non contano i mezzi di cui disponiamo, non conta la nostra appartenenza un’elite. Ciò che conta è che Cristo ci ha resi “nuove creature”, uomini e donne “nuove”, nel Battesimo: siamo chiamati per questo a vivere la Vita Nuova del Vangelo.
«Non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada». Probabilmente, uno dei livelli di significato di questa prescrizione ha a che fare con l’urgenza del messaggio: non può attendere i lunghi e cerimoniosi saluti orientali. Nel contesto in cui si trova, però, credo di potere affermare che riguardi anche la libertà richiesta ai discepoli: dopo avere chiesto ai suoi di essere liberi nei confronti dei mezzi, di porre la propria fiducia solo sulla potenza della croce, ora Gesù chiede la libertà dai condizionamenti umani, dal pericolo di porre la propria fiducia sulle “alleanze umane” in una logica clientelare che, piuttosto che favorirne la diffusione, soffoca il messaggio del Vangelo. Trovo che sia una prescrizione particolarmente attuale. Oggi certa politica scadente ci ha abituati a tale logica: «Io ti finanzio questo progetto, ma tu mi devi garantire una certa visibilità» (se non si arriva al vero e proprio voto di scambio). Una logica che siamo tentati di assumere anche nel privato: grazie all’“amico” che parla con l’“amico” abbiamo accesso a certi servizi o giungiamo in certi posti di autorità. Tutto questo, però, a scapito della libertà: non potrò più denunciare l’errore del fratello additandogli la verità del Vangelo, se gli sono debitore della posizione in cui mi trovo! Anzi, facilmente sarò costretto a scendere ancora a compromessi! Tutto ciò non è accettabile come discepoli di Cristo. Non ha niente a che fare con la logica del Vangelo. Come discepoli di Cristo non possiamo cadere in certe trame, ma siamo chiamati alla gratuità dell’amore ed alla libertà profetica per potere liberamente annunciare la verità del Vangelo.
«In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. … Non passate da una casa all’altra. … mangiate quello che vi sarà offerto» Il Maestro invia i suoi discepoli come portatori della Pace e della riconciliazione derivanti dall’annuncio del Regno, non di guerre e divisioni: vanno messe al bando le logiche settarie e la ricerca della propria gloria e della propria comodità. È questo il motivo per cui Gesù comanda di non cercare dove ci trattano meglio e di non avere pretese riguardo il nostro trattamento.
«Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». L’ultima raccomandazione del Maestro riguarda la tentazione della vanagloria e il pericolo di agire per affermare noi stessi. Il discepolo può rallegrarsi solo del compiacimento del Maestro, non dei miracoli che il Signore compie suo tramite. Accaparrarsi la gloria per le opere che il Signore compie, sarebbe un’appropriazione indebita che ci allontanerebbe dalla Via della Vita.
Accogliamo l’invito del Maestro a pregare per le vocazioni di speciale consacrazione e a metterci in cammino per annunciare il Vangelo in maniera libera a coraggiosa ponendo in Lui ogni nostra speranza e fiducia per potere sperimentare le consolazioni del Suo Amore (I lettura)
Fr. Marco