lunedì 30 dicembre 2024

Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna

 « … porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò» (Nm 6, 22-27)

«Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.» (Gal 4,4-7)

«Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.» (Lc 2,16-21)

Ogni anno civile si chiude e si apre sotto la materna protezione di Maria santissima Madre di Dio. La liturgia della Parola di questa solennità si apre con la benedizione che Signore consegna a Mosè perché benedica il Popolo. Anche oggi, attraverso la sua santissima Madre, il Signore fa splendere il suo volto sui suoi consacrati. 

La pagina del Vangelo ci porta ancora una volta, insieme ai pastori, davanti la mangiatoia in cui è adagiato Gesù nostra Speranza, il principe della Pace, il Volto della Misericordia di Dio, che viene nel fragile segno di un bambino. Come i pastori, anche noi, siamo invitati a lasciarci prendere dallo stupore. In una società come quella attuale dove sembra che niente possa più stupirci, dove assistiamo continuamente e con atteggiamento indifferente alle più alte vette del genere umano e alle più abbiette miserie della nostra umanità, siamo invitati a ravvivare la nostra Speranza e a riscoprire il sentimento di stupore che prese i pastori dinanzi la gloria di Dio manifestata nel bambino Gesù. Anche quando non capiamo dove il Signore sta conducendo la nostra storia, come Maria santissima fidiamoci del Signore e lasciamo che continui a mostrarci le sue meraviglie!

«Maria … custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» È importante che impariamo l’atteggiamento di Maria la quale meditava la povertà della stalla, la visita dei pastori mandati da un angelo, il canto delle schiere celesti degli angeli. Meditava soprattutto il mistero del suo figlio, Dio fatto uomo ed era consapevole della sua divina maternità. Quel bambino piccolo, debole e bisognoso di tutto era il suo Dio ed era suo figlio! L'infinita tenerezza della maternità di Maria è un riflesso della paternità di Dio.

In questo giorno in cui inizia un nuovo anno civile, impariamo, inoltre, dalla nostra santissima Madre a mettere Gesù al centro della nostra vita. Maria, infatti, in quanto Madre di Dio, è costantemente rivolta al Figlio con lo sguardo, il pensiero, il cuore e tutta se stessa. Ha contemplato Gesù fin dalla sua nascita in costante atteggiamento di stupore e di adorazione.

Iniziando il nuovo anno, credo sia bello oggi pregare il Signore, con le parole di quella che forse è la più antica preghiera mariana (III sec.), perché ci conceda la pace per intercessione della Madre di Dio: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta».

Alla protezione della Madre di Misericordia, come la invochiamo nel Salve Regina,  affidiamo tutte le vittime, della violenza delle guerre, dell'odio, dell’egoismo; specialmente i cristiani vessati, sradicati, perseguitati e uccisi. Preghiamo perché in quest’anno giubilare, facendo esperienza dell’Amore misericordioso del Padre, possiamo ravvivare la nostra Speranza.

In questo primo giorno dell’anno, guidati dalla Parola e resi figli nel Figlio, lasciamoci raggiungere dalla benedizione divina e lasciamo che il Suo volto Misericordioso risplenda su di noi e attraverso di noi perché il mondo conosca quella Pace che il Signore è venuto a portare. Buon 2025. 

Fr. Marco

venerdì 27 dicembre 2024

Siamo figli di Dio. Accogliamo l'amore del Padre

«Al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuèle, “perché – diceva – al Signore l’ho richiesto”». (1Sam 1,20-22.24-28)

«Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato […] Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui.» (1Gv 3,1-2.21-24)

«“Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose loro: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”» (Lc 2,41-52)

​ Nelle messe di Natale Gesù ci è stato presentato, come la Luce vera del mondo che viene a darci la Speranza: il Verbo eterno del Padre che si fa uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio (cfr. Gv1,12). Oggi, festa della Santa Famiglia, la Parola di Dio ci presenta in che modo il Verbo eterno si incarna nel nucleo fondamentale della Chiesa che è la famiglia. La pagina di Vangelo, infatti, ci racconta uno scorcio di quotidianità della famiglia di Nazareth.

Una cosa è subito chiara: è una famiglia “esperta nel soffrire” (come la definisce l’inno delle Lodi mattutine), a cui non sono risparmiati i travagli e le angosce di ogni giorno. In questo passo del Vangelo di Luca, Maria e Giuseppe appaiono angosciati per lo smarrimento di Gesù. La pace che viene a portare Gesù, infatti, non è assenza di tribolazioni, ma una capacità di affrontarle con la comunione animata dall’Amore che si accoglie da Dio e che ci permette di accoglierci reciprocamente come dono.

La liturgia della Parola di questa festa, in effetti, evidenzia come tutto, perfino il dono fondamentale della vita, sia un dono da accogliere con gratitudine da Dio. È ciò che sottolinea la prima lettura presentandoci la gratitudine di Anna per il dono del figlio Samuele. I figli sono un dono da impetrare e accogliere con gratitudine, non un diritto da pretendere; né tantomeno un “prodotto” da ordinare a pagamento! Anche S. Giovanni, nella seconda lettura,  manifestando lo stupore per il grande amore del Padre che ci ha resi suoi figli, ci orienta alla gratitudine per la liberalità di Dio.

È nella categoria del dono, quindi, che siamo chiamati a leggere la nostra vita: un dono che abbiamo ricevuto e che a nostra volta offriamo ai fratelli. Per poterci comprendere come dono, però, è necessario che riconosciamo il Donatore, che diamo il giusto posto al Padre che ci ha amati fin dall’eternità ed ha per noi progetti di salvezza: noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.

«Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» La Santa Famiglia oggi ci è presentata come modello di ogni famiglia chiamata a mettere Dio al centro, ad accogliere il Suo amore, perché i membri della famiglia possano accogliersi l’un l’altro nella libertà senza possessi soffocanti o disinteresse deresponsabilizzante. Mettendo Dio al centro, “occupandosi delle cose del Padre”, ciascuno potrà scoprire pienamente se stesso e accogliere l’altro con un amore che fa crescere e libera.

Impariamo dalla sacra famiglia a leggere la  nostra vita nella categoria del dono. Accogliamo il Dono dell’Amore misericordioso del Padre, mettiamo Lui al centro della nostra vita e della nostra famiglia. Scopriremo il progetto d’amore che Egli ha per ciascuno di noi, quel progetto concretizzando il quale saremo davvero uomini e donne realizzati.

Fr. Marco

martedì 24 dicembre 2024

L'Eterno entra nella storia! Gloria a Dio nel più alto dei cieli

 «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: “Regna il tuo Dio”». (Is 52,7-10)

«Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente» (Eb 1,1-6)

​«Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.» (Gv 1,1-18)

​In questo giorno solennissimo non c’è spazio per la tristezza: viene nel mondo il Messaggero dell’amore misericordioso di Dio, irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, la Luce vera che illumina ogni uomo, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia!

Il nostro Signore Gesù Cristo, il Volto della Misericordia di Dio, si è fatto uno di noi, si è consegnato piccolo e fragile nelle nostre mani. L’Onnipotente si è fatto bisognoso dell’amore di una madre, della custodia di un padre, del calore del fieno.

Questa notte, inoltre, si è aperto l’anno giubilare che ravviva la nostra Speranza e ci permette di fare esperienza in modo particolare della Misericordia del Padre.

La Speranza non delude: il Creatore del mondo, Colui per mezzo del quale tutto e stato fatto e senza del quale nulla è stato fatto di ciò che esiste, si china sulla miseria degli uomini. L’Eterno entra nella storia. il Signore si fa obbediente e si assoggetta alle leggi umane.

Il Figlio eterno del Padre si fa figlio dell’uomo per renderci figli di Dio. Ci chiede solo di essere accolto, di credere in Lui, per compiere questo miracolo. 

Che significa però accoglierlo e credere? Significa riconoscerlo Signore delle nostra vita, riconoscerci bisognosi della Sua Misericordia e lasciarlo operare in noi.

È proprio sulla docilità necessaria ad accoglierlo che vorrei fermare la mia attenzione. Questa notte, ascoltando il racconto della nascita di Gesù secondo il Vangelo di Luca, abbiamo contemplato la docilità della Sacra Famiglia alla volontà di Dio che si manifestava attraverso le leggi umane: un decreto di Cesare Augusto li mette in movimento, li fa partire dalla loro casa, dalla loro sicurezza, proprio all’approssimarsi del tempo in cui sarebbe nato il Bambino atteso. In tal modo, per Maria si compiono i giorni del parto proprio in quelle condizioni che, immagino, non avrebbe scelto: lontana dalle persone care, fuori casa perché non c’è posto pel loro, costretta a rifugiarsi in una stalla e ad usare una mangiatoia come culla per il Neonato.

È proprio attraverso quest’ “obbedienza agli eventi”, però, che si manifesta la Misericordia di Dio per l’umanità: Colui che è venuto per cercare le pecore perdute della casa d’Israele, nasce in una stalla adorato dai pastori; il Pane del Cielo che viene a saziare la fame dell’umanità, nasce a Betlemme, la “casa del pane”, ed è deposto in una mangiatoia; colui che è il Messia atteso dalla discendenza davidica, nasce nella città di Davide.

Accogliamo docilmente la manifestazione della Misericordia di Dio, lasciamo che Colui che “sa scrivere dritto nelle righe storte degli uomini” conduca la nostra storia. Crediamo davvero nel suo amore misericordioso e fidiamoci di Lui. Anche noi allora vedremo le meraviglie di Dio e saremo riempiti della Grazia. Auguri.

Fr. Marco.

lunedì 23 dicembre 2024

Per loro non c’era posto nell’alloggio

«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.» (Is 9,1-6)

«Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani» (Tt 2,11-14)

«Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.» (Lc 2,1-14)

Celebrando la solennità del Natale, siamo invitati a gioire perché è avvenuto l’impossibile: il Verbo si è fatto Carne, l’Eterno è entrato nel tempo, Dio si è fatto uomo; il Creatore si è fatto creatura nel grembo della Vergine per fare di noi, sue creature, figli di Dio. Contemplando il fragile segno del Bambino posto nella mangiatoia, quindi, esultiamo di gioia. Una gioia, però che purtroppo non raggiunge tutti.

«Per loro non c’era posto nell’alloggio». Così abbiamo sentito nella pagina di Vangelo. Maria e Giuseppe sono costretti a trovare rifugio in una stalla e la prima culla del Figlio Eterno del Padre fatto uomo è una mangiatoia. Il mondo non lo ha riconosciuto e purtroppo ancora non lo riconosce. Quanti festeggiano un natale senza senso, un natale in cui non nasce nessuno, in cui non c’è Gesù!

«Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto». Ad accoglierlo, lo abbiamo sentito, sono solo i pastorelli che vegliavano le greggi. I “grandi della terra” non si accorgono nemmeno della sua venuta. “I suoi”, quanti si fregiavano del titolo di popolo di Dio, hanno smesso di attendere e non si accorgono di lui. Tra qualche giorno, inoltre, scopriremo che, tutt’altro che accoglierlo, “i suoi” vogliono eliminarlo.

«A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». Così ci ricorderà la pericope evangelica della Messa del giorno. Il Figlio eterno del Padre è venuto a renderci figli! Non solo creature, ma figli, capaci di riconoscere il Padre e di entrare in relazione con Lui. Cosa significa accogliere il Verbo Eterno fatto uomo? Significa riconoscerlo Dio, Signore della nostra vita e vivere sotto la Sua signoria; significa ascoltare la Sua Parola e fare la Sua Volontà. Se accolgo Gesù come Signore, è evidente che non sono più io il signore della mia vita e sicuramente non sono il signore di quanti mi stanno accanto. Ecco perché è così difficile accoglierlo: l’uomo figlio di Adamo, vuole essere signore, vuole dominare, vuole decidere ciò che è bene e ciò che è male … e così facendo si rovina la vita. Essendo solo una creatura, infatti, non può donarsi la vita. Le sue scelte senza Dio, che è la Vita, non possono che essere scelte di morte.

A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Il Battesimo, conformandoci a Cristo, ci rende figli di Dio. Una volta questo sacramento, celebrato da adulti, era frutto di una scelta consapevole alla quale ci si preparava per anni: davvero si accoglieva Gesù come Signore. Oggi, con il Battesimo dei bambini amministrato in una società anticristiana, spesso ci si ritrova cristiani senza esserlo mai diventati.

Accogliendo Gesù diventiamo Figli di Dio. In relazione d'Amore col Padre. Con la serena consapevolezza di avere un Padre che provvede a noi. Sapendo che dove non arriviamo noi, arriva il Padre. Con la certezza che la nostra vita è nelle mani del Padre e che alla fine sarà il Suo abbraccio ad accoglierci.

Facciamo posto nella nostra vita al Verbo Eterno, alla Parola di Dio che si fa carne; riconosciamo, con i fatti e nella verità, Gesù come Signore della nostra vita per sperimentare la gioia di essere figli di Dio. Buon Natale del Signore.

Fr. Marco

venerdì 20 dicembre 2024

Ecco, io vengo per fare la tua volontà

«E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele» (Mi 5,1-4)

«“Ecco, io vengo per fare la tua volontà”. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo.» (Eb 10,5-10)

«Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa,  … “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”.» (Lc 1,39-45)

Nella quarta domenica di avvento, ormai a pochi giorni dal Natale, la pagina di Vangelo ci fa contemplare la visita di Maria a s. Elisabetta. Il Signore, che sceglie la via della piccolezza per manifestarsi, viene a visitare il suo popolo e a portare la Gioia piena che il mondo non conosce.

Maria si alzò e andò in fretta … La scena della visitazione, raccontando la gioia dell’incontro tra le due madri e i bimbi che portano in grembo, ci mostra la gioia che scaturisce dall’accoglienza e dalla condivisione. Elisabetta, e Giovanni nel suo grembo, sono pieni di gioia per avere accolto Maria ed in lei Gesù. Dal canto suo Maria è piena di gioia perché ha accolto la volontà del Padre e ha generato nel suo grembo, per opera dello Spirito Santo, il Figlio Unigenito. Questa gioia, però, chiede di essere condivisa, la spinge verso la parente nel bisogno presso cui rimane il tempo necessario al servizio.

« … il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo» Nel descrivere la scena dell’incontro, l’evangelista Luca ha di certo in mente il racconto del viaggio dell’Arca dell’Alleanza dalla casa di Obed Edom a Gerusalemme (1Cr 15,25-29): come Davide danzò di gioia dinanzi l’Arca dell’alleanza, così Giovanni Battista, nel grembo della madre, danza di gioia all’arrivo di Maria, la vera e definitiva Arca dell’Alleanza. Quella antica conteneva una testimonianza della manna del deserto, Maria porta in sé il vero Pane del Cielo; l’Arca conteneva le tavole della Legge, Maria porta in sé il Legislatore divino.

«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» Ritengo sia utile evidenziare che la gioia di Elisabetta nasce anche dal sapere scorgere senza invidia l’opera che il Signore sta compiendo in Maria. Quanta tristezza scaturisce, invece, in noi quando, con occhi, impuri guardiamo con invidia l’opera che Dio compie nei nostri fratelli e attraverso di loro!

Il Signore è vicino: contemplando la scena della visitazione, prepariamoci anche noi ad accogliere Colui che viene a fare la Volontà del Padre donando tutto se stesso. Sperimentiamo anche noi la gioia accogliendoci reciprocamente, mettendoci gli uni al servizio degli altri. Se sarà vera accoglienza (e non strumentalizzazione dell’altro), se sarà vero servizio (e non ricerca di guadagno), se saremo mossi da vero amore (e non da desiderio di visibilità e approvazione), allora sperimenteremo la Gioia perché nell’altro accoglieremo Gesù. Il Signore ce lo conceda.

Fr. Marco

sabato 14 dicembre 2024

Rallègrati! Il Signore tuo Dio è un salvatore potente

 «Rallègrati, figlia di Sion, grida di gioia, … non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia» (Sof 3,14-18)

«Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-7)

«In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”. … «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. … “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. … “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; …”» (Lc 3,10-18)

Questa domenica, terza di Avvento, è detta domenica Gaudete dalla prima parola dell’antifona d’ingresso, ed è caratterizzata dalla letizia: il Signore è vicino e viene a salvarci e a rinnovarci con il Suo Amore; viene a incontrare la sua creazione su cui non cessa di riversare il Suo Amore salvifico e misericordioso. L’attesa si colora di Speranza e di gioia.

La prima lettura, tratta dal libro del profeta Sofonia, ci presenta la gioia del Popolo che vede revocata la sua condanna e sperimenta l’amore e la vicinanza di Dio. Anche S. Paolo, nella seconda lettura, ci invita a stare sempre lieti nel Signore perché la nostra gioia diventi testimonianza della salvezza ricevuta.

«Che cosa dobbiamo fare?» Perché la gioia raggiunga anche noi, che troppo spesso siamo in preda alla tristezza e alla disperazione, come i contemporanei del Battista siamo chiamati a fare frutti degni della conversione (Cfr. Lc 3,8). Nella pericope evangelica odierna il Battista, rispondendo alla domanda della folla, ripropone l’insegnamento dei profeti poi ripreso da Gesù e specificherà quali sono questi frutti di conversione: l’amore operoso e misericordioso del prossimo come autenticazione dell’amore per Dio.

Se facciamo attenzione alle risposte che Giovanni dà alle richieste della folla, notiamo che egli non chiede ai suoi interlocutori di “uscire dal mondo”, di lasciare il loro stato di vita: c’è speranza di salvezza per ogni uomo in ogni stato di vita.

«Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». La prima indicazione del Battista è quella della condivisione, del prendersi cura del fratello nel bisogno. Anche qui, Giovanni non chiede alle folle di spogliarsi per donare tutto ai poveri (non tutti sono chiamati a questo), ma chiede di condividere ciò che si ha, di non restare indifferenti al bisogno dei fratelli.

«Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». La seconda risposta del Battista, rivolta ai pubblicani, invita a rinunciare all’avidità e al disonesto guadagno. Anche per loro, considerati peccatori pubblici, c’è speranza di salvezza se smetteranno di attaccare il cuore e le loro speranze al denaro da procurarsi ad ogni costo, anche con sotterfugi e disonestà. Anche a noi oggi Giovanni chiede di vivere onestamente, di non cercare più di quanto è lecito, di rinunciare al guadagno disonesto, di non vivere la nostra vita andando avanti a forza di inganni e raccomandazioni; di accontentarci di ciò che ci spetta (invito ripreso poi anche nella risposta ai soldati).

 «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Ai soldati il Battista chiede di rinunciare alla violenza gratuita e alla volontà di sopraffazione. Anche per noi oggi è valido l’invito alla “non violenza”: quanta violenza nei nostri rapporti interpersonali! Quante volte abbiamo cercato di sopraffare l’altro con la violenza delle nostre parole e dei nostri atteggiamenti se non addirittura con la violenza fisica!

«Viene colui che è più forte di me, a cui  non sono degno di sciogliere i lacci dei sandali». Un’ulteriore indicazione su cosa fare possiamo trarla dal comportamento del Battista dinanzi le attese messianiche dei suoi contemporanei: l'umiltà di riconoscere il proprio giusto posto, il non appropriarsi della gloria che non ci appartiene.

«Fratelli, siate sempre lieti nel Signore». Nella seconda lettura, infine, san Paolo ci suggerisce un ultimo “frutto” di conversione: la letizia. Convertirsi significa entrare nella logica del Vangelo, della “buona notizia” che il Signore ci ha salvato, che il Signore è vicino. Un vangelo che siamo chiamati a testimoniare prima di tutto con la nostra vita lieta e bella.

Il Natale è ormai vicino,  esercitiamoci in questo ultimo tratto dell’Avvento a mostrarci sempre amabili e lieti. Ritengo che sia una “penitenza” non facile, gradita al Signore e che ci renderà testimoni credibili: il Signore è vicino.

fr. Marco

sabato 7 dicembre 2024

Santi e immacolati di fronte a lui nella carità

 «Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,9-15.20)

«Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, … In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,3-6.11-12)

«Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te … Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,26-38)

La liturgia della Parola della solennità dell’Immacolata Concezione di Maria si apre con il racconto delle immediate conseguenze del peccato dei progenitori: la rottura di ogni rapporto di amicizia tra l’uomo e Dio («Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto»), tra l’uomo e la donna («La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato») e tra l’umanità e il creato («Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato»). Insieme all’inimicizia con il Creatore, entra nella creazione anche la paura.

Questa inimicizia, infatti, questa incapacità di vedere Dio come il Padre che ci ama al di là di ogni nostra immaginazione e i fratelli e il Creato come un dono d’amore, è la conseguenza del peccato originale che si tramanda per ogni generazione. Con il peccato l’anima separata da Dio sperimenta la paura e la morte.

La pagina di Genesi che abbiamo ascoltato nella prima lettura, però, si conclude con quello che viene chiamato il “proto-vangelo”: l’annuncio che la Stirpe della Donna avrebbe schiacciato la testa del serpente antico.

È quello che avviene in Maria: in vista dei meriti di Cristo, è da Lui redenta fin dal grembo materno e quindi resa capace, con la sua obbedienza fiduciosa al progetto del Padre, di essere “aurora della redenzione”, colei attraverso la quale è giunto nel mondo il Redentore.

In questa solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, però, vorrei che riflettessimo su ciò che questo dogma dice a noi per la nostra salvezza. Maria oggi ci viene presentata non solo come “avvocata di grazia”, ma anche come “modello di santità” (prefazio). L’opera redentrice di Cristo, che ci raggiunge nei sacramenti, infatti, compie in noi ciò che ha operato in Maria fin dal concepimento: Maria è immacolata fin dal grembo materno, noi diventiamo immacolati con il battesimo.

A differenza di Maria, tuttavia, noi non sempre corrispondiamo pienamente a questa Grazia rendendoci colpevoli con i nostri peccati volontari (mai compiuti da Maria) e non aderendo al progetto d’amore del Padre. Per questo il Signore, che, come ci ricorda S. Paolo oggi nella seconda lettura, ci vuole santi e immacolati di fronte a lui nella carità, ha istituito il sacramento della riconciliazione: se ben celebrato (con un vero pentimento e un sincero proposito di non peccare più), ci restituisce la santità battesimale. È un ottimo modo per “preparare la via del Signore, raddrizzare i suoi sentieri”, come ci avrebbe esortato a fare Giovanni Battista invitandoci ad attendere la manifestazione della Salvezza di Dio (Cfr. Lc 3,1-6).

Non sprechiamo tali doni d’amore, ma impegniamoci a corrispondere alla Grazia di cui Dio vuole colmarci e a compiere la volontà del Padre nella nostra vita. Guardando a Maria tutta bella, ricolma di ogni virtù e senza alcuna macchia di peccato, la Chiesa tutta e ogni singolo battezzato può oggi contemplare ciò che il Signore vuole fare con ciascuno di noi e con la Chiesa nel suo insieme: un capolavoro di Santità.

Contemplando Maria la nostra madre immacolata, anche noi impegniamoci ogni giorno per dire a Dio la nostra risposta di obbedienza fiduciosa: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

Fr. Marco.