«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste … Apparvero loro
lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e
tutti furono colmati di Spirito Santo» (At 2,1-11)
«Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a
soddisfare il desiderio della carne» (Gal 5,16-25)
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito
della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi
date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.» (Gv 15,26-27;
16,12-15)
Questa domenica, solennità della
Pentecoste, termina il tempo liturgico della Pasqua e giunge a compimento
l’opera della redenzione iniziata con la resurrezione.
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste. Anche il
giudaismo, infatti, conosce la festa di Pentecoste nella quale fa memoria
dell’alleanza al Sinai ratificata dal dono della Legge (Es 19-20). Raccontando
ciò che avvenne con la Pentecoste cristiana, nella prima lettura, tratta dagli
Atti degli apostoli, S. Luca sembra alludere proprio alla teofania al Sinai
parlando di tuono, terremoto e fuoco
dal cielo. È ai piedi del monte Sinai che le “genti raccogliticce” liberate
dalla schiavitù d’Egitto ratificano l’Alleanza e diventano il Popolo di Dio. Il
fatto che lo Spirito scenda sugli apostoli proprio il giorno in cui il Popolo
faceva memoria dell’Alleanza e del dono della legge, indica nello Spirito la
Legge nuova che suggella la Nuova Alleanza e che consacra il popolo
regale e sacerdotale che è la Chiesa. Si realizza la profezia di Geremia: «Questa sarà l’alleanza che io concluderò con
la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel
loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il
mio popolo.» (Ger. 31, 33). In cosa consista questa “legge interiore” lo
spiega meglio Ezechiele: «Porrò il mio
spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò
osservare e mettere in pratica le mie leggi.» (Ez 36, 27).
L’apostolo S. Paolo, nella
seconda lettura, scrivendo ai Galati riguardo la vita nuova nello Spirito, si
colloca proprio in questa prospettiva “interiore”: Dio ha scritto la Sua Legge
nei nostri cuori con lo Spirito Santo. Questa “legge nuova” è l’Amore che
Egli ha effuso nei nostri cuori nel Battesimo mediante lo Spirito. La Legge
antica, infatti, ci rende consapevoli del peccato, ma non è in grado di liberarci
da esso. Il “tronco del peccato”, cioè l’egoismo e “l’amore di sé spinto fino
all’odio di Dio” (secondo la definizione di S. Agostino), non può essere
cancellato dall’osservanza di una legge, ma solo se si sarà ristabilito quello
stato di Amicizia che c’era tra Dio e l’uomo all’origine.
La redenzione operata da Cristo
nel mistero pasquale ha realizzato proprio questo: Gesù sulla Croce ha
riconciliato l’uomo a Dio, ha distrutto il cuore di Pietra, ha crocifisso
l’uomo vecchio. In cambio di ciò ci ha dato la Sua Vita, la sua obbedienza al
Padre, il Suo Spirito da Figlio.
Quello che abbiamo ricevuto, nel
Battesimo come caparra e nella Cresima in pienezza, è quindi lo Spirito del
Risorto che ci dà la Sua stessa vita, la linfa che attraverso Cristo, la Vera
Vite, ci percorre come tralci e ci rende capaci di portare frutto; è lo Spirito
che ci rende capaci di vivere da Figli di Dio. Noi riceviamo l’Amore di Dio,
Dio stesso viene ad abitare in noi, e siamo inseriti in questo rapporto di
reciproca donazione e accoglienza che è la SS. Trinità.
Proprio perché è Dio, lo Spirito,
venendo nei credenti attraverso i sacramenti, nella misura in cui è accolto e
assecondato (dalle nostre buone disposizioni), è in grado di cambiare quella
situazione che la legge non poteva modificare. L’uomo “vecchio” vive per se
stesso, secondo la “carne”, percepisce Dio come un ostacolo, un antagonista che
con i suoi comandamenti gli impedisce di realizzarsi; è assetato di vita, ma la
cerca dove è solo morte; pretende di salvarsi da solo e scopre la propria
impotenza. Quando, invece, lo Spirito prende dimora nel cuore dell’Uomo avviene
il cambiamento: lo Spirito gli comunica l’Amore di Dio, gli attesta che Dio,
lungi dall’ostacolare la sua realizzazione, gli è veramente favorevole (Paràclito è il “riscattatore”,
colui che ci consola e difende ed è totalmente “dalla nostra parte”); lo
Spirito fa comprendere all’Uomo l’immenso amore di Dio che si è manifestato
nell’opera redentrice di Gesù. In tal modo l’Uomo diventa Nuovo: un Uomo Nuovo
che ama Dio e obbedisce volentieri: lo Spirito suscita nell’uomo i sentimenti
del Figlio.
La Legge Nuova che è lo Spirito è
“un’azione”: non si limita più a comandare di fare o non fare, ma fa egli steso
con noi le cose che ci comanda. Se Gesù si fosse limitato a promulgare il
comandamento nuovo dicendo: «Vi lascio un comandamento nuovo: che vi amiate gli
uni gli altri» (Gv 13,34), esso sarebbe stato, come la prima legge, “lettera
morta”. È per lo Spirito che tale comandamento è “nuovo”. Solo perché il Suo
Amore è effuso nei nostri cuori, possiamo amarci “come” Lui ci ama.
Un grande autore Ortodosso, N.
Cabasilas, , fa notare che: «Gli
apostoli ebbero il vantaggio di essere istruiti in ogni dottrina e per di più
dal Salvatore in persona. […] Lo videro morire, risorgere e ascendere al cielo;
tuttavia, pur avendo conosciuto tutto questo, finché non furono
battezzati [allude alla Pentecoste], non mostrarono nulla di nuovo, di
nobile di spirituale, di migliore dell’antico. Ma quando venne per essi il
battesimo e il Paràclito irruppe nelle loro anime, allora divennero nuovi e
abbracciarono una vita nuova …»
Oggi celebriamo la pienezza della
nostra redenzione, il compimento della Nuova Alleanza, il passaggio dalla
schiavitù alla Libertà dei figli di Dio; siamo chiamati, però, ad attuare
esistenzialmente questo passaggio nella nostra vita. Noi nasciamo “in rivolta
contro Dio”, “uomini vecchi” con i desideri della carne e la fiducia nelle
opere: nasciamo sotto la legge. Con il battesimo rinasciamo alla
Vita nuova in Cristo, ma durante la nostra esistenza possiamo “narcotizzare”,
questa nuova vita e ricadere nell’economia della legge, vivere da “uomini
vecchi”. È il pericolo che Paolo denuncia ai Galati: «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e
non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.» (Gal 5,1). Il
dato rivelatore è fare attenzione a come percepiamo, esistenzialmente e non
solo “nozionalmente”, Dio: guardiamo a lui con l’occhio dello schiavo, mosso
dalla paura del castigo e dalla brama del premio, o, conformi al Figlio, siamo
mossi dall’amore e dal desiderio di compiacere il Padre?
Accogliamo pieni di gratitudine
il gratuito Amore di Dio. Lasciamoci amare e permettiamo allo Spirito di
accendere i nostri cuori d’amore per Dio, solo in tal modo potremo vedere i
frutti dello Spirito e rendere testimonianza a Cristo con la nostra vita.
Fr. Marco