sabato 31 agosto 2024

La religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre

 «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo.» (Dt 4,1-2.6-8)

«Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi.» (Gc 1,17-18.21-22.27)

«Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. […] Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro» (Mc 7,1-8.14-15.21-23)

La Parola di Dio della XXII domenica del tempo ordinario richiama la nostra attenzione sul puro e sull’impuro. L’apostolo Giacomo, nella seconda lettura, ci invita alla religione pura e senza macchia, a non comportarci da ipocriti, ma a mettere in pratica la Parola.

Nella pagina di Vangelo, Gesù rimprovera scribi e farisei perché, attenti all’osservanza scrupolosa della legge e delle tradizioni dei padri, hanno il cuore “impuro” pieno di se stesi e della loro presunta giustizia; un cuore in cui non c’è posto per Dio e per i fratelli. Può accadere anche a noi: facciamo “cose” per il Signore, appariamo santi e devoti, ma in realtà siamo ripiegati sui noi stessi e vogliamo che gli altri notino (e magari lodino) la nostra “perfezione”. Può capitare, per esempio, che facciamo belle preghiere pubbliche (magari desiderando che gli altri notino quanto siamo “profondi”), ma non siamo disposti a perdonare chi ci fa un torto e siamo in lite con tutto il parentado; magari siamo anche disposti a dare qualcosa ai bisognosi, purché però sia ben evidente la nostra generosità! E più siamo “esposti”, più aumenta il pericolo della “vanità” (pregate per noi ministri dell’altare!)

«Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me» Oggi il Maestro ci esorta a fare attenzione a dove è rivolto il nostro cuore. Spesso scopriamo che il nostro cuore è schiavo delle passioni: quanti vorrebbero smettere di bere troppo o di fumare e non riescono a farlo? Quanti sono schiavi del vizio del gioco e non riescono a smettere? Quanti vorrebbero disfarsi dell’invidia e dell’orgoglio e, invece, si sorprendono a fare il contrario?

«Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza.» San Giacomo oggi ci indica la strada per permettere alla redenzione di Cristo di raggiungerci e rendere puro il nostro cuore: l’ascolto docile della Parola.

È lo stesso invito che risuona nella prima lettura: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica». Perché ci sia ascolto, però, è necessaria la relazione: si può ascoltare solo se si ha di fronte qualcuno che parla. Ecco che cosa chiede il Signore da noi: la relazione, il metterci sinceramente davanti a Lui, alla Sua presenza, perché Egli possa insegnarci la Via della Vita.

Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo. L’apostolo San Giacomo, inoltre, ci dà un’altra importante indicazione: solo lo “sporcarci le mani”, con la concreta attenzione verso chi non ha nulla con cui ricambiarci, verso il nostro prossimo più bisognoso, che rende autentico il nostro amore per Dio. Due cose di questo versetto vorrei sottolineare, la prima è: «davanti a Dio Padre». Ciò che facciamo, non lo facciamo davanti la gente per essere ammirati; non lo facciamo neanche davanti a noi per accrescere l’immagine che abbiamo di noi stessi e autocompiacerci. A nulla, poi, servono gli slogan gridati in piazza da parte di chi concretamente non intende muovere un dito o spendere un euro. Il servizio agli ultimi è fatto davanti a Dio Padre, quel Padre Nostro dinanzi al quale siamo tutti fratelli; quel Padre nostro del quale vogliamo sia santificato il Nome perché agiamo come suoi figli; quel Padre nostro, infine, che vogliamo compiacere animati dall’amore di figli che corrispondono l’amore del Padre.

L’ultima cosa che volevo sottolineare è l’attenzione a non lasciarsi contaminare da questo mondo. È l’attenzione alla mondanità da cui spesso ci mette in guardia anche Papa Francesco. Può capitare che cominciamo a pensare “come il mondo” e non “secondo Dio”. In quel caso cominceremo a volere “aggiornare” l’insegnamento del Vangelo. Nella prima lettura ascoltiamo un’ammonizione attualissima: «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla». Una tentazione sempre presente quella di “aggiornare” i comandi del Signore eliminando quelli che ci danno fastidio, che riteniamo ormai obsoleti, per sostituirli magari con altri che ci disturbano meno e che ci fanno sentire a posto. Ad esempio oggi, coprendo tutto con un mal inteso concetto di “amore” («Love is love!»), si vuole aggiornare la morale sessuale. Può capitare di incontrare fratelli che si schierano a difesa degli animali, ma non intendono muovere un dito per aiutare il pensionato o il disoccupato che hanno accanto; fratelli che combattono la sperimentazione sugli animali, che magari hanno anche scelto di diventare vegetariani, ma dinanzi ad una gravidanza non programmata prendono in considerazione l’aborto: «… è solo un grumo di cellule!».

Ascoltiamo, allora, ciò che ci chiede il Signore, mettiamo in pratica la Sua Parola senza togliere ne aggiungere nulla a ciò che il Signore ci ha chiesto. Guardiamoci dalla contaminazione del mondo vivendo la nostra religione pura e senza macchia con un cuore rivolto al Signore e docile alla Sua Parola.

Fr. Marco

sabato 24 agosto 2024

Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?

 «Giosuè disse a tutto il popolo: “Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore”». (Gs 24,1-2.15-17.18)

«Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; […] E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (Ef 5,21-32)

«Disse allora Gesù ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”». (Gv 6,60-69)

In questa XXI del tempo ordinario, la pagina evangelica riporta la conclusione del “discorso sul pane”: dopo averci presentato Gesù come il Pane della Vita che dà la sua vita per la salvezza del mondo, la Parola di Dio ci esorta al servizio e alla sottomissione reciproca.

Nella prima lettura Giosuè dichiara la propria decisione di servire il Signore e invita il Popolo a scegliere chi servire. In questo, infatti, consiste la nostra libertà: nello scegliere chi servire. Siamo liberi per servire e possiamo servire solo se siamo liberi. La “libertà assoluta” è un’illusione. Se non serviamo il Signore della vita, infatti, finiremo per servire un idolo: qualcosa al quale sacrifichiamo tempo ed energie, qualcuno che ci ha promesso di realizzare i nostri desideri; un lavoro che ci procuri i beni che accumuliamo nella speranza che ci diano la vita. Fuggiamo dal servizio del Signore e ci scopriamo schiavi di qualcosa o di qualcuno; magari anche solo delle nostre passioni disordinate e delle pulsioni del momento. Ecco allora la necessità di scegliere con attenzione chi servire, chi riconoscere nei fatti Signore della nostra vita.

«Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Così reagiscono gli ascoltatori di Gesù al discorso sul pane e forse proprio alla affermazione: «… chi mangia di me vivrà per me» (Gv 6,57). Nella società contemporanea “servizio” e “sottomissione” sono considerate parole dure, difficili da accettare in un contesto in cui la propria libertà individuale viene idolatrata; in cui ciò che conta è solo il piacere personale ed immediato; in cui il sacrificio viene visto solo con accezione negativa. Viviamo in una società in cui siamo bombardati da messaggi del tipo: «Tutto attorno a te … perché tu vali!»; l’unico “servizio” preso in considerazione in questo contesto è quello offerto per avere un contraccambio: un “servizio” idolatra in cui al centro c’è sempre il nostro io e la ricerca di una vita che non possiamo darci da soli.

«Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.» Dinanzi la durezza delle parole di Gesù, dinanzi le esigenze del messaggio evangelico, non pochi discepoli restano scandalizzati e se ne vanno. Forse avevano frainteso il messaggio del Maestro. L’amore che ci insegna Gesù, infatti, l’unico per il quale possiamo sperimentare la Vita, non è un amore “finché ci sto bene”; non è l’amore adolescenziale egocentrato, non è “cuoricini e fiorellini” … L’Amore che ci insegna Gesù è la Croce, è fare della mia vita un dono per colui che amo, rinnegare me stesso; è servizio gratuito e disinteressato.

«Volete andarvene anche voi?». La domanda che Gesù pone ai Dodici quest’oggi è posta anche a noi. Pensiamo sia impossibile vivere il Vangelo? Ci sembra troppo gravoso servire il Signore? Vogliamo Amare il Signore e i fratelli? Le mogli sono disposte ad amare il proprio marito come la Chiesa ama Cristo, cioè facendo ruotare la propria esistenza attorno a lui? I mariti sono disposti ad amare la propria moglie come Cristo ama la Chiesa, cioè fino a donare a lei ogni istante della propria la vita?

Certo, servire è difficile e senza di Lui non possiamo fare nulla (Cfr. Gv 15, 5), ma solo servire con amore e per amore dà senso alla nostra vita, la riempie. Diversamente tutta la vita sarà percepita come una schiavitù da cui cercare di evadere (così la percepisce il mondo attorno a noi). È proprio per venire incontro alla nostra incapacità a servire che il Signore ci ha donato se stesso come pane della vita. È nella Sua Parola, infatti, che troviamo la luce e la sapienza della vita. È nei sacramenti che troviamo la forza per Vivere pienamente di quella Vita che dura in eterno.

«Volete andarvene anche voi?» Chiediamo la grazia di rispondere come Pietro, di riconoscere come lui: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna».

Fr. Marco

sabato 17 agosto 2024

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.

 «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza». (Pr 9,1-6)

«Fratelli, fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore.» (Ef 5,15-20)

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.» (Gv 6,51-58)

Nella pagina evangelica della XX domenica del Tempo Ordinario, Gesù, continua il “discorso sul pane”. Domenica scorsa, rispondendo alla domanda della folla, aveva detto che “l’opera di Dio” è credere in Lui e fidarci di Lui; che Lui è il Pane dal Cielo dato per la salvezza del mondo. Oggi arriva ad affermare: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Chi si ciba dell’Eucarestia, del Corpo e Sangue di Cristo, ha già nel presente la “Vita eterna” e risorgerà nell’ultimo giorno. La Vita eterna non è, allora, qualcosa che verrà, ma una realtà già presente in noi. Vita eterna, infatti, significa non solo vita “senza fine”, ma anche una vita “qualitativamente” diversa: una vita piena, bella; una vita che vale la pena di essere vissuta e non solo un “infinito trascinarsi di giorni”.

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui». È il Maestro stesso che quest’oggi nel Vangelo ci spiega cosa sia la Vita eterna: il rimanere in comunione con Lui. Lui in noi e noi in Lui. Gesù figlio di Dio, morto e risorto per noi, rimane dentro di noi e noi rimaniamo in Lui. Una comunione che diventa vita, a somiglianza della comunione tra Gesù e il Padre.

Questa vita eterna, quindi, è già presente in chi si nutre del Corpo e Sangue del Signore; è, però, una presenza, “imperfetta”, non pienamente realizzata (quel “già e non ancora” che caratterizza il tempo della Chiesa); ecco allora il rimando al futuro: lo risusciterò nell’ultimo giorno quando questa comunione, questa reciproca inabitazione sarà pienamente realizzata.

Oggi, nel tempo della Chiesa, questa comunione già presente è fragile e va custodita con cura. Insieme al dono della liberazione dalla schiavitù del peccato, che ci è stato fatto nel battesimo, questa vita eterna già presente in noi che siamo morti e risorti con Cristo, rimanda alla nostra responsabilità: accogliere e custodire questo dono obbedendo sempre più perfettamente al Vangelo con la forza che traiamo dall’Eucarestia. È ciò a cui ci richiama oggi la prima lettura con l’appello a non comportarci da inesperti e a seguire la via dell’intelligenza. Un appello ripreso con forza da S. Paolo nella seconda lettura: fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi di quella sapienza che è saper riconoscere e compiere la volontà di Dio.

Accogliamo, allora, e custodiamo attentamente, la Vita eterna, quella Vita piena di senso, anche in mezzo alle traversie della vita, che solo Gesù può darci. Custodiamo con cura la comunione con Lui riconoscendolo, coi fatti, nostro Signore e nutrendoci di Lui perché possiamo sempre più divenire a Sua immagine e compiere le opere dei Figli di Dio.

Fr. Marco

mercoledì 14 agosto 2024

Grandi cose ha fatto l'Onnipotente

«Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle» (Ap 11,19; 12,1-6.10)

«Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.» (1Cor 15,20-26)

«Grandi cose ha fatto per me l’onnipotente» (Lc 1,39-56)

La pagina di Vangelo della solennità di Maria Santissima assunta in Cielo ci racconta il viaggio di Maria verso la parente Elisabetta. In questa pagina l’evangelista Luca ricalca la narrazione della salita dell’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme nella casa di Obed Edom (2Sam 6,1-11). Maria, infatti, guidata dallo Spirito Santo e portando nel grembo il Verbo fatto carne, è la Nuova e definitiva Arca dell’Alleanza che Dio ha stipulato con l’uomo. Come l’antica Arca dell’Alleanza, che custodiva le tavole della legge e la manna, Maria porta nel suo grembo il Legislatore e il Pane della Vita: testimonianza della presenza di Dio in mezzo al popolo e primizia e caparra delle meraviglie che il Signore è capace di compiere.

Contemplando Maria Assunta in Cielo, infatti, la Chiesa è invitata a contemplare il destino finale cui il Signore ha destinato il popolo della Nuova Alleanza. Così la costituzione conciliare Lumen gentium ci invita a guardare a Maria: «La madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (LG 68).

Guardando a Maria, quindi, siamo invitati alla Speranza: il Signore ha per noi progetti di salvezza. Impariamo, allora, da questa santissima madre a non dubitare mai dell’amore del Padre. Impariamo a riconoscere con umiltà i prodigi che il Signore compie nella nostra vita e a rendere grazie per essi. Impariamo ad accogliere con fiducia e attenzione la Parola di Dio perché possa portare frutto in noi e conformarci sempre più al nostro Signore Gesù Cristo. Impariamo ad accogliere in noi l’Amore di Dio e ad amare per primi e gratuitamente i fratelli. Guardando al Cuore Immacolato di Maria, ardente di vero Amore, impariamo a perdonarci reciprocamente e a pregare per coloro che ci fanno del male. Impariamo, infine, da questa perfetta discepola a rimanere uniti al Signore anche quando il Maestro ci chiede di seguirlo sulla via della croce. Solo facendo così potremo anche noi dirci discepoli di Gesù e veri devoti di Maria.

Imploriamo l’intercessione di Maria perché il Signore ci conceda la grazia di seguirlo come suoi autentici discepoli. Il mondo possa riconoscere in noi la presenza del Maestro e accogliere la Signoria di Cristo perché possiamo un giorno ritrovarci tutti alla presenza della Gloria di Dio. 

Fr. Marco

sabato 10 agosto 2024

Alzati e mangia!

 «“Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: “Àlzati, mangia!” … Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio» (1Re 19,4-8)

«Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi» (Ef 4,30-5,2)

«Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me … In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna … Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,41-51)

Questa domenica, XIX del Tempo Ordinario, la pagina evangelica riporta il seguito del “discorso sul pane” cominciato domenica scorsa: rispondendo alla mormorazione dei giudei che non comprendono le sue parole e sono scandalizzati dalla sua umanità, Gesù, arriva ad affermare non solo che lui ci dà il Pane dal Cielo, ma anche che Lui è il Pane dal Cielo perché il Pane del Cielo è la sua Carne.

«Di lui non conosciamo il padre e la madre? …» Oggi, forse più di allora, c’è chi vorrebbe “racchiudere” Gesù nella sua sola umanità. Al massimo si arriva a considerarlo un profeta o un maestro che ci insegna come “salvarci da soli”, alla stregua degli illuminati maestri orientali. In tal modo, però, si nega il Suo ruolo di Salvatore e si stravolge il Suo messaggio. È vero che Gesù è il Maestro e noi siamo chiamati a imparare da Lui, a farci suoi imitatori (II lettura); ma è anche il Salvatore, colui senza il quale non possiamo fare nulla (Cfr. Gv 15, 5). 

«Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri» Sicuramente anche ciascuno di noi, come il profeta Elia, ha fatto esperienza della distanza tra  la pochezza delle proprie forze e l’altezza delle esigenze evangeliche. Sicuramente anche per noi c’è stato un momento in cui abbiamo esclamato: «Basta! Non ce la faccio!». È a questo punto che il diavolo, il “principe di questo mondo”, che ci vuole fare credere che noi siamo il “centro del mondo”, la “misura della verità”, tenta di convincerci che non sono le nostre forze ad essere insufficienti, ma le esigenze ad essere eccessive: «Come si può donare sempre con generosità? Essere sempre benevoli con gli altri anche quando non corrispondono alle nostre attese? Amare tutti con un amore disponibile al servizio gratuito e disinteressato? Come si può perdonare chi ci ha fatto del male? … è follia!». E così, pur chiamati a partecipare della vera Vita che dura per l’eternità, ci accontentiamo di una vita spesso meno che mediocre,

«Àlzati, mangia!» Gesù conosce la nostra debolezza, sa che abbiamo bisogno di Lui per alzarci dalla nostra mediocrità, vivere la Vita vera dei figli di Dio e compiere l’esodo verso la piena manifestazione del Suo Regno; per questo viene a donarci Sé stesso come pane. Per questo ci dona il Suo Spirito perché possiamo riconoscere il Padre e, animati da sentimenti filiali, realizzare la nostra Vita secondo il Suo progetto d’amore e giungere così alla Felicità.

Solo nutriti da Lui, sperimentando la Sua forza in noi, potremo liberamente scegliere di non “rattristare lo Spirito Santo di Dio”. Una libertà che non ci esonera dalla fatica del cammino e dal pericolo di voltare le spalle alla vera Vita.

Accogliamo l’invito della Parola, riconosciamo nel nostro Maestro Gesù Cristo il nostro Signore e Salvatore e, accogliendolo nel nostro cuore, impariamo a fare della nostra vita un’offerta d’amore a Lui e ai fratelli.

fr. Marco

venerdì 2 agosto 2024

È il pane che il Signore vi ha dato in cibo

 «… la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. … Allora il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge …» (Es 16,2-4.12-15)

«… non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri. Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù …» (Ef 4,17.20-24)

« “… voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà …”. Gli dissero allora: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”. Gesù rispose loro: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”» (Gv 6,24-35)

La pagina evangelica XVIII domenica del Tempo Ordinario ci presenta Gesù che, dopo la moltiplicazione dei pani, inizia il suo “discorso sul pane”: presenta se stesso come il Pane del Cielo, quello vero. Il racconto inizia con la folla in ricerca di Gesù. Il Maestro, però, sa bene che lo cercano con un atteggiamento “da pagani”, che cercano solo il loro interesse materiale: vogliono solo riempirsi la pancia. Sono ben lontani dall’avere visto i segni e riconosciuto in lui il vero e definitivo Profeta che conduce il Popolo di Dio nell’Esodo dal peccato alla libertà dei figli di Dio.

«Che cosa dobbiamo compiere …?» Il Maestro esorta questa folla affamata a cercare il Pane della Vita eterna, quello che solo può saziare la più autentica fame dell’uomo. I suoi ascoltatori, però hanno ancora una mentalità “pagana”: pretendono di potersi “acquistare” questo pane, di potere “compiere opere” che ottengano loro la Vita eterna. Gesù torna a correggerli: una sola è l’opera da compiere, accogliere il Pane del Cielo che il Padre ha inviato; credere in Gesù, fidandosi di Lui, riconoscendo di avere bisogno di Lui.

Anche a noi può capitare di cadere nello stesso errore, di comportarci come i pagani con i loro vani pensieri (II lettura). Accade quando cerchiamo Dio quasi come una “polizza assicurativa”, solo per il nostro interesse materiale immediato. Magari può capitarci di pensare che nel compiere le “opere di religione” facciamo qualcosa per Dio, accumuliamo meriti davanti a Lui e, in qualche modo, lo rendiamo “nostro debitore”.

«Questa è l’opera di Dio: che crediate …» Oggi Gesù ci mette in guardia; una sola è l’opera fondamentale che ci chiede: fidarci di Lui, credere in Lui e riconoscerlo nostro Signore. Le “opere di religione” acquistano così il loro vero senso: non sono qualcosa che noi facciamo per Lui, ma la conseguenza della nostra fede nel Signore che ci ama e ci ha donato tutto se stesso. Non più, quindi, qualcosa che noi facciamo per Dio, ma un dono che il Signore fa a noi perché possiamo giungere a quella Pienezza di vita che solo Lui ci può donare.

«… ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova …» Fondamentale nel nostro rapporto con Dio è l’atteggiamento di fiducia e Speranza che ci deve animare. È questo che YHWH “mette alla prova” quando, nel dare la manna per il nutrimento del popolo, ordina che se ne raccolga solo il necessario per la razione di un giorno; è ancora per questo che Gesù ci ha insegnato a chiedere “il pane quotidiano”.

Fidiamoci di Lui che si prende cura di noi. Smettiamo di pensare di poterci “salvare da soli” accumulando beni quasi che siano essi a darci la vita. Se ci disporremo dinanzi a Lui come anawim (i poveri di YHWH) che, pur facendo la loro parte, sanno di potere contare solo su Dio, vedremo le Sue meraviglie e gusteremo quella Vita Piena ed Eterna che Egli è venuto a regalarci.

Fra Marco